
Il dolore è una risposta neurofisiologica condivisa universalmente tra gli esseri viventi . Può essere acuto,persistente, intenso o leggero, in ogni sua forma rappresenta un segnale fondamentale: qualcosa nel corpo non va. In natura il dolore ha sempre avuto una funzione diagnostica, di allarme. ella società moderna, in cui si tende a non lasciare spazio all’inattività o alla sofferenza prolungata, il dolore è spesso percepito non solo come un problema clinico, ma anche come un ostacolo sociale e professionale.
Viviamo in un mondo che richiede efficienza, produttività e prontezza. In questo contesto, la richiesta di sollievo immediato e duraturo dal dolore è cresciuta esponenzialmente.
Contenuti dell’articolo
Quando il dolore diventa malattia
Il dolore acuto, seppur intenso, ha spesso una durata limitata ed è correlato a una causa precisa (una ferita, un’infiammazione, un intervento chirurgico). Ma quando il dolore persiste oltre il normale tempo di guarigione, o si presenta senza una causa apparente per mesi o anni, entra nella definizione di dolore cronico. In questi casi, quando il dolore diventa persistente è in grado di condizionare profondamente la vita del paziente.
Il dolore cronico è associato a:
- Disturbi del sonno e affaticamento costante,
- Ansia, depressione e alterazioni dell’umore,
- Isolamento sociale e deterioramento dei rapporti personali,
- Perdita di produttività e qualità della vita.
Per molti pazienti, il desiderio di sollievo può trasformarsi in un bisogno continuo e urgente, che va oltre la semplice gestione del sintomo. Questo bisogno, se non riconosciuto e affrontato correttamente, può sfociare in una forma di dipendenza verso i trattamenti utilizzati – in particolare quelli farmacologici. La medicina moderna riconosce la natura multifattoriale del dolore cronico e cerca di affrontarlo con un approccio multidisciplinare, che tenga conto non solo della componente fisica, ma anche degli aspetti emotivi, cognitivi e comportamentali legati alla percezione del dolore.

Terapia del dolore: un approccio scientifico e personalizzato
Algologia e approccio multimodale alla gestione del dolore
La terapia del dolore rappresenta un insieme complesso di strategie finalizzate alla riduzione della percezione del dolore e al miglioramento della qualità della vita del paziente. Con il termine algologia si identifica la branca specialistica della medicina che si occupa della diagnosi e del trattamento del dolore in tutte le sue manifestazioni. In ambito clinico, la gestione del dolore può prevedere l’impiego di farmaci – tra cui antinfiammatori non steroidei (FANS), analgesici non oppiacei, antidepressivi triciclici e anticonvulsivanti – e, nei casi di dolore severo o refrattario, anche di farmaci oppiacei come morfina, ossicodone, fentanyl o buprenorfina. Questi ultimi vengono utilizzati in conformità con le linee guida internazionali, sotto stretto controllo medico, per garantire un bilancio ottimale tra efficacia analgesica e sicurezza.
Valutazione personalizzata e gestione del rischio
A supporto della farmacoterapia, possono essere adottate tecniche infiltrative (come i blocchi nervosi), procedure mini-invasive (ad esempio radiofrequenza e neuromodulazione), interventi psicologici (tra cui la terapia cognitivo-comportamentale) e trattamenti complementari quali fisioterapia e agopuntura. L’efficacia dell’intervento terapeutico dipende da un’accurata valutazione della tipologia di dolore – nocicettivo, neuropatico o misto – e da un’attenta considerazione della storia clinica del paziente, comprese eventuali risposte a trattamenti precedenti. La personalizzazione del percorso terapeutico è essenziale non solo per massimizzare i benefici clinici, ma anche per ridurre il rischio di effetti avversi. In particolare, l’uso prolungato di oppiacei comporta un rischio concreto di dipendenza e tolleranza, rendendo necessario un monitoraggio multidisciplinare e continuo del paziente.
Prudenza e personalizzazione
La terapia del dolore è uno strumento prezioso per restituire dignità e qualità della vita alle persone afflitte da sofferenze croniche. Ma come ogni strumento potente, richiede conoscenza, esperienza e un uso consapevole. Non esistono soluzioni universali: ogni paziente è una storia a sé, con un proprio vissuto, una propria soglia di dolore e un proprio equilibrio psico-fisico.
Il rischio di abuso di oppiacei
Tra i principali strumenti farmacologici impiegati nella terapia del dolore, gli oppiacei (morfina, ossicodone, fentanyl, tramadolo) rappresentano i farmaci più potenti ma anche più controversi. Utilizzati con attenzione, possono offrire un controllo efficace del dolore severo; tuttavia, l’uso prolungato comporta rischi significativi di assuefazione, tolleranza e dipendenza.
Negli Stati Uniti, la cosiddetta “crisi degli oppiacei” ha messo in luce le conseguenze devastanti dell’abuso eccessivo di questi farmaci anche in ambito terapeutico. In Italia, la situazione è diversa, ma i dati segnalano comunque una crescente prescrizione di oppioidi per il trattamento del dolore cronico, con la necessità di un monitoraggio attento e linee guida cliniche rigorose. Il ricorso agli oppiacei deve avvenire in un contesto clinico ben strutturato, con follow-up regolari e valutazioni periodiche del rapporto rischio/beneficio.
Neuromodulazione: la frontiera terapeutica
Negli ultimi anni, si è affermato un crescente interesse per le tecniche di neuromodulazione, che agiscono direttamente sul sistema nervoso per alterare la percezione del dolore. Tra queste, la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) è una metodica non invasiva che utilizza campi magnetici per stimolare specifiche aree del cervello coinvolte nella modulazione del dolore.
Il team del Dott. Luigi Gallimberti ha sviluppato competenze specifiche nell’utilizzo della TMS per il trattamento del dolore cronico e delle condizioni ad esso associate, come la depressione e i disturbi dell’umore. La TMS è particolarmente indicata per pazienti che non rispondono ai trattamenti farmacologici o che presentano controindicazioni agli stessi.
Benefici documentati della TMS:
- Riduzione della percezione del dolore,
- Miglioramento dell’umore e della qualità della vita,
- Minore necessità di ricorso a farmaci oppiacei,
- Assenza di effetti collaterali sistemici.
Si tratta di un approccio promettente che consente di ridurre l’utilizzo di farmaci potenzialmente rischiosi, come gli oppiacei, mantenendo al contempo un buon controllo dei sintomi.