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Quando si parla di dipendenza, spesso l’immaginario collettivo si limita a un’unica sostanza: la “droga” o l’alcol. La realtà clinica, tuttavia, racconta una storia ben più articolata, in cui le dipendenze raramente si presentano isolate. Sempre più frequentemente, ci troviamo di fronte a individui che soffrono di polidipendenze, ovvero situazioni in cui l’abuso di sostanze coinvolge più agenti psicoattivi, usati contemporaneamente o in momenti diversi della vita. Comprendere questa complessità è il primo passo per affrontarla efficacemente.
Cos’è la polidipendenza: definizione e caratteristiche cliniche
Il termine polidipendenza indica l’uso problematico di due o più sostanze psicoattive, che può avvenire in modo sincronico (cioè simultaneo) o diacronico (cioè sequenziale nel tempo). Alcuni, ad esempio, abbinano cocaina e alcol nella stessa serata; altri passano nel corso degli anni da una sostanza all’altra, cercando sollievo o fuga in diversi composti chimici.
Clinicamente, la polidipendenza si presenta con quadri complessi, dove le manifestazioni fisiche e psichiche si sovrappongono, rendendo più difficile sia la diagnosi che il trattamento. Le interazioni tra sostanze possono moltiplicare i danni fisici e completare il quadro di funzionamento psicologico rendendo la condizione più grave rispetto all’abuso di una singola sostanza.

Perché le polidipendenze sono così pericolose?
Dal punto di vista medico, le polidipendenze rappresentano una condizione ad altissimo rischio. L’interazione tra sostanze diverse può produrre effetti sinergici devastanti: ad esempio, la cocaina stimola il sistema nervoso centrale, mentre l’alcol lo deprime. Insieme, creano un mix deleterio che si compensa creando il cocaetilene che potenzia gli effetti, ma anche i danni di entrambe le sostanze. Infatti , l’organismo si trova sottoposto a un carico tossico maggiore.
Il costo umano e sociale
Le polidipendenze non colpiscono solo il corpo e la mente, ma anche la vita sociale, affettiva e lavorativa dell’individuo. Relazioni interrotte, perdita del lavoro, isolamento e conflitti legali diventano tappe frequenti di un percorso doloroso.
Per comprendere meglio, presentiamo il caso (anonimo ma ispirato a molte situazioni reali) di Luca, 38 anni. Dopo aver iniziato a bere in contesti di socialità durante l’università, ha cominciato a usare cocaina per reggere i ritmi lavorativi. In seguito, per placare l’ansia generata dalla cocaina, ha iniziato ad assumere benzodiazepine. Quando la sua relazione è naufragata e ha perso il lavoro, il consumo di alcol è aumentato. Luca non si è mai identificato come “drogato” o “alcolista”, proprio a causa della varietà delle sostanze usate e del fatto che il suo consumo non si era mai concentrato su una sola sostanza. Questa confusione lo ha portato a ritardare di anni la richiesta di aiuto.
Il paradosso della vergogna: perché si chiede aiuto troppo tardi
Uno degli aspetti più subdoli delle polidipendenze è il senso di vergogna e smarrimento che spesso le accompagna. Chi ne soffre fatica a riconoscersi in una diagnosi precisa: “non bevo sempre”, “non uso solo una cosa”, “non ho mai avuto problemi con la legge”. Questa ambiguità diventa un alibi psicologico che inibisce la consapevolezza di aver bisogno di aiuto.
In realtà, il rischio è che il quadro clinico peggiori fino a diventare ingestibile, o addirittura letale. Le polidipendenze non solo complicano il percorso terapeutico, ma aumentano anche la probabilità di overdose accidentali, incidenti, aggressività e autolesionismo.
Uscirne è possibile, ma non da soli
Nonostante la gravità della condizione, esistono percorsi terapeutici efficaci anche per le polidipendenze. Il metodo principale utilizzato dal Dott. Luigi Gallimberti è la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS), un approccio non farmacologico che, limita l’introduzione di ulteriori sostanze. Questo tipo di trattamento agisce sulla neuroplasticità cerebrale, contribuendo al ripristino di circuiti neurali alterati dalle sostanze. Naturalmente, ogni caso va analizzato a sé: prima di avviare il percorso terapeutico, viene effettuata una valutazione approfondita del paziente per stabilire il programma più adatto. In alcuni casi, può emergere la necessità di supporti farmacologici complementari, ma l’approccio prioritario resta quello di intervenire con la TMS, integrata in un percorso multidisciplinare su misura.
L’importanza della diagnosi precoce e dell’intervento personalizzato
Molti percorsi di cura falliscono perché affrontano ogni dipendenza come un’entità isolata. Nei casi di polidipendenza, è essenziale adottare una visione d’insieme, che tenga conto delle interazioni tra le sostanze, delle motivazioni soggettive del consumo e delle vulnerabilità psicologiche del paziente.
Una diagnosi precoce e un piano terapeutico personalizzato possono fare la differenza tra cronicità e guarigione. Ecco perché rivolgersi a centri specializzati è essenziale: solo un approccio competente e integrato può garantire un’effettiva possibilità di recupero.
Le polidipendenze rappresentano una sfida clinica e sociale significativa. Comprendere la natura complessa dell’abuso di sostanze è il primo passo per offrire risposte efficaci. Accogliere chi soffre senza giudizio è il secondo. Curare con competenza e umanità è il terzo.
Non è mai troppo tardi per chiedere aiuto. Ma prima lo si fa, meglio è.