Oltre l’astinenza, il ruolo della terapia sostitutiva nella cura delle dipendenze

Colloquio tra medico e paziente durante una visita, con stetoscopio e tablet su scrivania, rappresentazione dell’importanza del dialogo nella terapia delle dipendenze

Le terapie sostitutive hanno rappresentato un passaggio fondamentale nella gestione delle dipendenze; oggi, però, interventi non farmacologici come la TMS offrono approcci complementari, contribuendo ad ampliare il concetto di cura, senza sostituirsi ai trattamenti esistenti.

Cos’è la terapia sostitutiva e come funziona

Nel trattamento delle dipendenze, la terapia sostitutiva rappresenta da decenni una delle strategie più diffuse e consolidate. Attraverso la somministrazione controllata di farmaci che agiscono sugli stessi recettori delle sostanze d’abuso, si mira a ridurre i sintomi dell’astinenza e il rischio di ricaduta. Questo approccio è particolarmente noto nel trattamento delle dipendenze da oppiacei, nicotina e, in alcuni casi, alcol e benzodiazepine. 

Tuttavia, se da un lato la terapia sostitutiva ha permesso di salvare molte vite e stabilizzare clinicamente migliaia di pazienti, dall’altro non sempre è sufficiente a risolvere in modo definitivo la dipendenza. Proprio da questa consapevolezza nasce l’interesse verso approcci più innovativi e non farmacologici, come quello promosso dal Dott. Luigi Gallimberti, che attraverso la Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) punta a intervenire direttamente sui circuiti cerebrali coinvolti nel craving e nel comportamento compulsivo.

Quando viene utilizzata la terapia sostitutiva?

La terapia sostitutiva è un approccio terapeutico impiegato principalmente nel trattamento della dipendenza da oppiacei, come l’eroina. Consiste nella somministrazione controllata di farmaci che agiscono sui medesimi recettori cerebrali degli oppiacei, ma con un profilo farmacologico più sicuro e gestibile. Questo tipo di terapia è indicato in diverse situazioni:

  • Dipendenza cronica: quando il soggetto ha una lunga storia di uso di oppiacei e ha fallito ripetuti tentativi di disintossicazione.
  • Riduzione del danno : per minimizzare i rischi associati all’uso di droghe da strada, come overdose, infezioni da HIV, HCV o altre conseguenze sanitarie e legali.per minimizzare i danni associati all’uso di droghe illegali, come infezioni da HIV o epatiti.
  • Preparazione all’astinenza: come fase intermedia per facilitare un’eventuale disintossicazione completa.

I principali farmaci impiegati nella terapia sostitutiva.

I farmaci più comunemente utilizzati nella terapia sostitutiva includono:

  • Metadone: agonista oppioide completo, somministrato per via orale, efficace nel sopprimere i sintomi di astinenza e nel ridurre il craving. 
  • Buprenorfina: agonista parziale con un profilo di sicurezza più favorevole, spesso combinata con naloxone per prevenire l’uso improprio.
  • Naltrexone: antagonista oppioide utilizzato per prevenire le ricadute dopo la disintossicazione completa. 

Questi farmaci sono scelti in base alle caratteristiche individuali del paziente e alle specifiche esigenze terapeutiche.

Vantaggi e benefici della terapia sostitutiva nel breve termine.

La terapia sostitutiva offre numerosi benefici nel breve termine:

  • Stabilizzazione clinica: riduce i sintomi di astinenza e il desiderio compulsivo di droga. 
  • Miglioramento della qualità della vita: i pazienti possono riprendere attività quotidiane, lavorative e sociali.
  • Riduzione dei comportamenti a rischio: diminuisce l’uso di droghe illegali e i comportamenti associati, come la criminalità e la condivisione di aghi.

Studi hanno dimostrato che i pazienti in terapia sostitutiva mostrano un netto miglioramento delle condizioni di vita e una riduzione significativa dei rischi associati all’uso di oppiacei. 

Limiti e criticità della terapia sostitutiva.

Nonostante i benefici, la terapia sostitutiva presenta alcune criticità:

  • Rischio di dipendenza: i farmaci utilizzati possono causare dipendenza se non gestiti correttamente. 
  • Effetti collaterali: possono includere sedazione, costipazione e, in rari casi, problemi cardiaci.
  • Accesso limitato: in alcune regioni, l’accesso ai programmi di terapia sostitutiva può essere restrittivo.

È fondamentale che la terapia sia accompagnata da un supporto psicologico e sociale adeguato ad affrontare le cause profonde della dipendenza e favorire un recupero completo.

Colloquio tra medico e paziente durante una visita, con stetoscopio e tablet su scrivania, rappresentazione dell’importanza del dialogo nella terapia delle dipendenze
Colloquio tra medico e paziente durante una visita, con stetoscopio e tablet su scrivania, rappresentazione dell’importanza del dialogo nella terapia delle dipendenze

Oltre la sostituzione: quando il farmaco non basta più

Il ruolo del cervello nella dipendenza: neurobiologia e craving.

La dipendenza da sostanze non è semplicemente una questione di volontà o di comportamento deviante; è una condizione patologica che coinvolge profondi cambiamenti neurobiologici nel cervello. Le sostanze d’abuso, come gli oppiacei, agiscono sul sistema di ricompensa cerebrale, in particolare sul circuito mesolimbico, che comprende strutture come l’area tegmentale ventrale (VTA) e il nucleus accumbens. Questo circuito è responsabile della percezione del piacere, della motivazione e del rinforzo del comportamento

Gli effetti cerebrali dell’abuso 

L’assunzione ripetuta di droghe porta a un rilascio eccessivo di dopamina, il neurotrasmettitore associato al piacere e al rinforzo, causando una sovrastimolazione del sistema di ricompensa. Nel tempo, il cervello si adatta a questi livelli elevati di dopamina, riducendo la sensibilità dei recettori dopaminergici e alterando l’equilibrio neurochimico. Questo processo, noto come neuroadattamento, contribuisce allo sviluppo della tolleranza e del craving, ovvero il desiderio intenso e compulsivo di assumere la sostanza.

Il craving è un fenomeno complesso che coinvolge diverse aree cerebrali, tra cui la corteccia prefrontale, l’amigdala e l’insula:

  • La corteccia prefrontale è implicata nel controllo degli impulsi e nel processo decisionale; 
  • l’amigdala media le risposte emotive e il valore affettivo degli stimoli; 
  • l’insula integra le informazioni sensoriali, contribuendo alla consapevolezza degli stati corporei. 

Studi di neuroimaging hanno mostrato che l’esposizione a stimoli  associati alla droga (es. immagini, odori, contesti) attiva queste aree cerebrali, evidenziando la natura persistente e automatica del craving. Questo spiega perché le persone con dipendenza possono sperimentare ricadute anche dopo lunghi periodi di astinenza, sottolineando la necessità di interventi terapeutici che affrontino non solo gli aspetti comportamentali, ma anche quelli neurobiologici della dipendenza.

La TMS come alternativa non farmacologica alla terapia sostitutiva.

La Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) è una tecnica non invasiva che utilizza impulsi magnetici per modulare l’attività neuronale in specifiche aree del cervello. Originariamente sviluppata per il trattamento della depressione resistente, la TMS ha mostrato promettenti risultati anche nel trattamento delle dipendenze, offrendo un’alternativa complementare alla terapia sostitutiva.

Nel contesto delle dipendenze, la TMS mira a ripristinare l’equilibrio delle reti neurali coinvolte nel craving e nel controllo degli impulsi. Stimolando la corteccia prefrontale dorsolaterale, la TMS può migliorare le funzioni esecutive e ridurre l’attività delle aree cerebrali iperattive associate al desiderio compulsivo di sostanze. Questo approccio può aiutare i pazienti a gestire meglio le voglie e a prevenire le ricadute. La TMS presenta un profilo di sicurezza favorevole, con effetti collaterali generalmente lievi e transitori, come lieve mal di testa o fastidio nel sito di stimolazione. La natura non invasiva e la possibilità di combinare la TMS con altre forme di terapia la rendono una componente preziosa in un approccio terapeutico integrato.

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