
Contenuti dell’articolo
L’aspetto più insidioso delle dipendenze, e in particolare di quella da alcol, è che i danni si sviluppano con il consenso – spesso inconsapevole – della persona che ne è affetta. L’alcolista, infatti, non è ignaro delle conseguenze: sul piano mentale sa bene che il suo comportamento è autodistruttivo, e se lo sente ripetere continuamente dalle persone a lui vicine. Anche i sintomi dell’astinenza – ansia, tremori, insonnia, sudorazione – rappresentano segnali inequivocabili della serietà della sua condizione. Eppure, nonostante la consapevolezza, il consumo non si interrompe. Esiste un “nucleo resistente”, un legame psico-emotivo che impedisce uno sguardo lucido sulla realtà e rende complesso per l’alcolista prendere coscienza e per i familiari capire come aiutarlo, senza sentirsi travolti dalla sua sofferenza. Per uscire con volontà dalla dall’alcolismo occorre riconoscere i danni che la dipendenza crea e scegliere di non volerli più tollerare.
Comprendere il problema ed evitare il giudizio
Evitare il giudizio è la cosa più difficile per coloro che sono legati all’individuo alcolista da un rapporto di parentela, di amicizia o più in generale di affetto. Il punto di svolta arriva quando si riconosce l’alcolismo come una malattia, non solo come una scelta. Una volta raggiunta questa consapevolezza, è più facile attenuare l’impulso alla colpevolizzazione e aprire la strada per un dialogo efficace.
Come parlare con un alcolista
La dipendenza dall’alcol costruisce intorno alla persona una barriera invisibile, ma sufficientemente solida da ostacolare ogni forma di comunicazione autentica e sincera. Questo muro relazionale non è sempre evidente dall’esterno, ma produce conseguenze profonde: l’alcolista tende progressivamente a isolarsi, a sottrarsi al confronto con gli altri e a vivere in una sorta di bolla, in cui la sostanza diventa l’unico riferimento. Comprendere questa dinamica è fondamentale per chi desidera capire come aiutare un alcolista, perché non si tratta solo di contrastare il consumo di alcol, ma anche di trovare il modo di oltrepassare quella barriera emotiva che alimenta la solitudine e rafforza la dipendenza.
Modi efficaci per tentare un dialogo
Stabilire un dialogo autentico con una persona che vive l’alcolismo è un passo cruciale nel supporto quotidiano: richiede equilibrio, empatia, chiarezza e rispetto reciproco. Alcune strategie concrete possono rendere questo compito meno complesso:
- Scegliere il momento e il luogo giusti: È consigliabile cercare il confronto in un momento di lucidità, lontano dall’influenza dell’alcol, e in un ambiente tranquillo, privo di distrazioni e tensioni,
- Iniziare senza puntare il dito: Spesso il tentativo di apertura al dialogo parte dal familiare o dalla persona vicina. È importante evitare accuse e giudizi, sostituendoli con frasi in prima persona che esprimano preoccupazione e vicinanza, come “Mi sento in ansia per la tua salute” anziché “Tu stai rovinando tutto”.
- Non prendere sul personale il rifiuto e l’allontanamento: È molto probabile che, soprattutto nelle fasi iniziali, l’alcolista reagisca con chiusura o allontanamento. Questo atteggiamento non è un attacco diretto, ma un meccanismo di difesa tipico della dipendenza. Per questo è fondamentale non viverlo come un’offesa personale, ma come parte del percorso, ricordando che la disponibilità al cambiamento può richiedere tempo

Aiutare senza farsi travolgere
Capire come aiutare un alcolista è una sfida complessa che richiede attenzione non solo alla persona dipendente, ma anche a chi le sta accanto. Il rischio, infatti, è quello di lasciarsi coinvolgere al punto da trascurare i propri bisogni emotivi, fisici e relazionali. Questo fenomeno è noto in ambito clinico come codependency, una dinamica in cui il familiare o il partner dedica tutte le proprie energie al sostegno della persona alcolista, fino ad annullarsi.
Aiutare senza sostituirsi
Aiutare non significa sostituirsi alla persona nella gestione della dipendenza, né tantomeno assumersi il peso di un recupero che deve restare individuale e guidato da professionisti. Significa invece imparare a stabilire confini chiari, mantenere il proprio equilibrio e offrire supporto emotivo senza cadere nella trappola del controllo totale. Diversi studi sottolineano che la qualità del supporto offerto dai familiari aumenta quando essi stessi ricevono strumenti di formazione e sostegno psicologico, ad esempio attraverso percorsi di counselling o gruppi dedicati ai familiari di persone con dipendenza.
In questo senso, il supporto deve essere orientato a favorire la responsabilizzazione dell’alcolista e non a proteggerlo da ogni conseguenza. Dire dei “no” coerenti, stabilire limiti netti e non giustificare o coprire comportamenti autodistruttivi sono passaggi fondamentali per mantenere l’equilibrio. Parallelamente, prendersi cura di sé stessi – attraverso attività personali, relazioni sane e supporto professionale – diventa parte integrante del processo di aiuto.
I sensi di colpa: un peso condiviso tra alcolista e familiari
Il senso di colpa è un’esperienza potente e diffusa in ogni contesto di dipendenza da alcol. Per l’alcolista, rappresenta l’ombra costante di una condizione che pesa sulla coscienza: il rimorso per promesse mancate, le occasioni perse, il dolore arrecato a chi ama. Questo sentimento è spesso accompagnato da frustrazione, riduzione dell’autostima e dall’idea di sentirsi “fallati” persino nel desiderio di guarire.
Dall’altro lato, i familiari possono sperimentare un senso di colpa non meno intenso. Si trovano spesso invischiati tra l’amore verso il caro e il desiderio di vederlo soffrire, incerti su come agire senza danneggiare. Si accusano di non aver fatto abbastanza, o di aver contribuito inconsapevolmente alla spirale alcolica. Questo stato genera un carico emotivo che rischia di spezzare anche chi vorrebbe soltanto aiutare.
In molte famiglie, la quotidianità diventa terreno di battaglie interne invisibili: recriminazioni silenziose, rancori larvati, in cui il senso di colpa alimenta anche la colpevolizzazione reciproca. Spesso il familiare si sente responsabile, salvo poi accorgersi di aver perso se stesso nel tentativo di salvare l’altro.
Cosa fare e cosa non fare in breve
Cosa fare
- Stabilire confini chiari nel rapporto con la persona dipendente.
- Offrire ascolto e sostegno senza giudicare.
- Incoraggiare l’accesso a percorsi terapeutici e gruppi di auto-aiuto.
- Cercare supporto personale (psicoterapia, gruppi per familiari come Al-Anon).
- Tutelare la propria salute psico-fisica, dedicandosi ad attività di benessere.
Cosa non fare
- Sostituirsi al dipendente nelle sue responsabilità quotidiane.
- Giustificare o coprire i comportamenti legati all’alcolismo.
- Trascurare i propri bisogni emotivi e relazionali.
- Vivere la dipendenza altrui come una colpa personale.
- Cedere al senso di onnipotenza credendo di poter “salvare” da soli l’altro.